nuova pubblicazione SSIIM in arrivo
THE INTERCULTURAL CITY. Migration, Minorities and the Management of Diversity
A cura di Giovanna Marconi e Elena Ostanel
(data pubblicazione prevista: maggio 2015, IB Tauris, Londra)
Progetto editoriale che si inserisce all’interno di una linea di ricerca portata avanti dalla Cattedra Unesco SSIIM negli ultimi due anni, con l’obiettivo di interrogarsi sulle valenze e potenzialità di un ‘nuovo’ paradigma affermatosi recentemente nel dibattito scientifico sull’inclusione urbana degli immigrati internazionali, vale a dire quello della ‘città interculturale’.
INDICE
Introduction – The intercultural city: exploring an elusive Idea – Giovanna Marconi
PART ONE: A CRITICAL ANALYSIS OF THE INTERCULTURAL CITY FRAMEWORK
Chapter 1 Contemporary Urban Space and the Intercultural City – Marcello Balbo
Chapter 2 Urban policies and the intercultural city: a reflection on norms and contexts – Ruth Fincher
Chapter 3 Policy dimensions of an Intercultural City – Kseniya Khovanova-Rubicondo
PART TWO: INTERCULTURAL CITIES? EVIDENCE FROM CASE STUDIES ANALYSIS
Chapter 4 The Means and Meaning of Inter-Culturalism in Africa’s Urban Age – Loren B. Landau
Chapter 5 New Religious Spaces of Difference. Resources and Risks in the New Italian Religious Landscape – Adriano Cancellieri
Chapter 6 The Un-rooted City. Migrants Mapping Milan – Nausica Pezzoni
Chapter 7 Diversity and Interculturalism, a Critique and a Defence. Going Through Multiethnic Neighbourhoods in Rome – Marco Cremaschi and Carlotta Fioretti
Chapter 8 Intercultural Public Space and Activism – Michail Galanakis
Chapter 9 Parent Café: A right way for schools to become a truly multicultural space? – Alexei Medvedev
Chapter 10 Creating Meaningful Contact: Boundaries and Bridges in the Intercultural City – Gill Valentine and Lucy Mayblin
Chapter 11 Cultural Policy In Singapore. Cosmopolitan Competencies Asian Style – Peggy Levitt
Concluding Remarks – Moving toward a just intercultural city space – Elena Ostanel
I PERCHE’ DEL LIBRO
Superato il modello assimilazionista “alla francese”, che vedeva come unica modalità di integrazione possibile la naturalizzazione dello straniero con una sua piena adesione al modello culturale dominante, anche quello multiculturalista (anglossassone), che per anni è stato ritenuto un valido approccio per la gestione del fenomeno, si è dimostrato fallimentare nella pratica. La letteratura è oggi concorde nel ritenere che la visione ‘multi’, basata su ideali egualitari e la pretesa di un’universalità neutrale, puntando sulla tutela dei diritti dei diversi gruppi classificati in contenitori etnici o culturali predefiniti abbia di fatto amplificato la frammentazione e auto-ghettizzazione sociale e spaziale delle città plurali (Colombo 2002; Hall, 2006; Ambrosini, 2008).
I modelli cosmopolita (Beck, 2005; Wieviorka, 2002 e 2007; Appiah, 2007)) ed interculturale (Cesareo, 2004; Wood, 2008) hanno vedute decisamente più ampie. Se il multiculturalismo rispetta ma classifica la diversità in base all’appartenenza culturale, queste due tendenze invece riconoscono differenze e pluralità e si fondano l’una (la dimensione interculturale) sul dialogo bidirezionale, simmetrico, nel rispetto delle diversità e promozione del mutuo apprendimento e l’altra (la dimensione cosmopolita) sulla valorizzare delle differenze culturali, esaltando la soggettività e l’autonomia “dell’altro”.
Dal 2008, il Consiglio d’Europa ha puntato sul paradigma interculturalista istituendo il programma “the intercultural city” (www.coe.int/interculturalcities) con l’intento di aiutare le città a capitalizzare il vantaggio derivante dalla diversità culturale elaborando strategie in grado di operare trasversalmente tra gli ambiti istituzionali, mobilitando leader politici, funzionari comunali, esperti, il settore privato e la società civile verso un modello di integrazione basato sulla convivenza e sull’interazione. Per il Consiglio d’Europa una città interculturale è “costituita da persone di nazionalità, origini, lingua o religione e credenze diverse. I leader politici e la maggior parte delle persone considerano la diversità un fattore positivo, una risorsa. La città lotta attivamente contro la discriminazione e cerca di adattare il proprio governo, le istituzioni e i servizi a quelle che sono le necessità di una popolazione diversificata. La città adotta strategie e strumenti adeguati per affrontare le diversità e i conflitti culturali. Essa incoraggia una maggiore fusione e interazione tra i diversi gruppi nelle proprie aree pubbliche” (CoE, 2010)
Il network internazionale delle città interculturali oggi conta oltre 50 città aderenti, ed è in continua espansione. Mancano però ancora sia una riflessione teorica approfondita sulla valenza di tale modello, sia una valutazione scientifica della sua efficacia in termini effettiva capacità di promuovere l’inclusione urbana degli immigrati internazionali.
In tale contesto, la Cattedra Unesco SSIIM ha organizzato a novembre 2012 una conferenza internazionale dal titolo “the intercultural city: exploring an elusive idea” alla quale sono stati invitati studiosi esperti in materia di immigrazione e ricercatori selezionati sulla base di una call for papers internazionale. Il volume “The Intercultural City: Migration, Minorities and the Management of Diversity” è il risultato del confronto tra gli autori dei vari capitoli su questo tema.